Lucio Leoni, benché porti il nome di un famoso fumettista italiano, è un cantastorie, un cantautore, un artista romano (e romanaccio) che si fa chiamare “Bu Cho” e che disegna in musica la vita e la sua Roma.
In un mix di cantautorato tradizionale, rock, atmosfere minimal e casino totale, tutte presenti nel suo secondo disco intitolato “Lorem Ipsum”, pubblicato lo scorso ottobre e tutelato su Patamu.com
Ciao Lucio, ho appena finito di ascoltare il tuo disco su Rockerilla e mi è subito venuta in mente una domanda: ma “A TE TI” piacciono o no ste nuove generazioni? E cosa ti manca di più degli anni 90?
Degli anni novanta non mi manca poi molto, quello che mi manca è come ero io in quegli anni: senza pensieri, responsabilità, bollette, affitti,f24 e compagnia bella. Fa parte del percorso di crescita no? ad un certo punto si diventa adulti e si cambia modo di guardare il mondo; prima sei accompagnato, guidato quando ti va bene, poi devi fare da solo e ti devi inventare un modo per sopravvivere. Mi manco io a dieci, undici anni, tempi in cui un discorso del genere non mi sarebbe passato nemmeno per sbaglio in testa, bastavano i Masters all’epoca. Non ho nulla contro le nuove generazioni, anzi. Mi sembrano sveglie, scattanti, elastiche, un po’ le invidio forse, ma sono felice d’essere parte della mia. Da che mondo e mondo ogni generazione recrimina qualcosa sulla successiva (e viceversa) fa parte del gioco delle parti. Diciamo che la mia è stata particolarmente sfortunata per cui vederli superarci a destra (si a volte ci riescono) fa…come dite voi a Roma? rosicare.
Parliamo del tuo disco, che ci propone un cantautorato molto diverso da quello a cui ci siamo abituati ultimamente e che ti colloca sicuramente più vicino ad un Gaber o ad uno Iannacci. Io non amo associare gli artisti ad altri, ma sicuramente ogni artista ne ricorda un altro. A te, solitamente, chi associano? E tu, invece, a chi ti senti somigliante?
Negli anni ho sentite tante,un po’ tutte: Silvestri, Proietti, Mannarino, “C’è del De Andrè”, Gaber, Jannacci, Elio e le storie Tese e via così. La verità è che ho ascoltato tanto (quasi) tutti questi nomi, per cui sicuramente ho rubato qua e là. Quando ami qualcosa in un modo o nell’altro diventa parte di te ed è inevitabile che qualcosa torni indietro. Detto questo stiamo parlando di nomi così grandi che non riesco ad immaginarmi vicino a nessuno di questi. Io scrivo canzoni, alcune vengono meglio e altre peggio e ho sicuramente un debito di riconoscenza e di formazione a molti molti altri autori di canzoni.
Cosa vuol dire fare cantautorato nel 2016 in Italia? Qual è la reazione del pubblico ai tuoi concerti?
Fare cantautorato cosa vuol dire? Ti ringrazio per la domanda, ora mi sparo. Non ne ho idea, o meglio credo che valga in maniera diversa per tutti. Di base per me è un modo per mantenere la memoria viva e raccontare storie, aneddoti, idee che altrimenti si perderebbero. E’ un atto politico, come l’arte in genere, è un valore aggiunto (ovviamente quando fatto bene) per la collettività, la società civile. Boh, ho esagerato? troppo serio?
Appunto, di tutta questa serietà poi ai concerti un po’ me ne libero e divento anche un simpatico cazzone, la reazione di chi capita a vedermi mi pare divertita, a volte incuriosita, insomma non mi sembra male. Si chiacchiera tanto, si interagisce e si prova a star bene.
Parliamo di significati: mi piacerebbe molto sapere il perché del titolo Lorem Ipsum e l’origine del tuo nome d’arte, sicuramente molto “particolare”
Loden Ipsum come spiegato in quarta di copertina è Il Testo Segnaposto, ovvero un testo che si utilizza nel mondo grafico per giustificare le impaginazioni di siti/pagine e quant’altro prima che arrivi il contenuto ufficiale. E’ un testo inventato o estratto da qualche scritto di Cicerone, insomma la sua origine non è molto chiara ma esiste da parecchio ed è in infinito; mischia il latino all’inglese e non ha significato alcuno. Mi piaceva l’idea di puntare su un non-contenuto come concetto per il disco, un po’ polemico se vuoi ma interpretabile a diversi livelli.
Bu Cho- viene proprio da quello che immagini. E’ la “spagnolizzazzione” di bucio, che di significato ne ha uno e uno solo. Era il nome con cui venivo preso in giro da ragazzino, e allora quando mi sono messo a scrivere canzoni mi sono detto che era giunto il tempo di esorcizzarlo.
So che hai usato Patamu Live durante i tuoi concerti: credi che possa essere un modo per valorizzare il lavoro degli artisti emergenti e che apporti dei vantaggi?
La vostra piattaforma è una salvezza: meno stress con tutti i cavilli SIAE, più chiarezza e consapevolezza sul tema del diritto d'autore, che ancora oggi ha troppi luoghi comuni e soprattutto Patamù LIVE è autonomia: puoi organizzarti e tenere sotto controllo la situazione senza che ci siano degli intoppi improvvisi. Per me è davvero utile!
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