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Mercoledì, 29 Giugno 2016 09:42

In risposta all'intervista del Presidente Sugar su EconomyUp

Scritto da  Adriano Bonforti
Filippo Sugar, CEO Sugar Music e presidente della SIAE Filippo Sugar, CEO Sugar Music e presidente della SIAE (foto Marco Rossi) [download da EconomyUp]

Gentile Presidente Sugar, 
le scrivo in merito alla sua intervista di oggi (29 Giugno 2016) su EconomyUp, per fare alcune riflessioni e porle alcune domande. Come prima cosa, vorrei fare notare un dato di fatto: in questo momento, grazie alla direttiva Barnier, è possibile per altre realtà stabilite nel resto d'Europa competere liberamente con la SIAE sul territorio italiano, riscuotendo e redistribuendo i diritti d'autore dei propri artisti.

Il monopolio sancito dalla legge del '41 è ormai valido di fatto solo per le realtà italiane, che teoricamente sarebbero le uniche realtà in Europa a non poter effettuare intermediazione sui diritti d'autore in competizione con la SIAE. Questa penalizzazione delle realtà italiane rispetto alle altre realtà europee costituisce una chiara violazione della libera circolazione dei servizi. Per questo motivo presentammo il nostro esposto all'Antitrust nell'ottobre 2015, ed in questo senso si è espressa recentemente l'Antitrust, inviando un autorevole parere ai presidenti di Camera, Senato e Consiglio dei Ministri.

Il monopolio SIAE non è più compatibile con l'Europa, e questo è un dato di fatto. Peraltro personalmente ritengo che il monopolio danneggi l'intero ecosistema creativo italiano: sia gli artisti, che le imprese creative, che la SIAE stessa: chi può sentirsi davvero obbligato al rinnovamento, se non sotto una spinta competitiva? 

Aggiungerei, inoltre, che i timori della SIAE rispetto all'apertura del mercato sono infondati. Tutte le altre grandi società europee di collecting analoghe alla SIAE (penso ad esempio alla SACEM francese, o alla tedesca GEMA) hanno una posizione dominante nel proprio Paese pur non essendo presente un monopolio di legge. Ciò non impedisce ad altre realtà presenti su quegli stessi territori di esistere e di curare in modo specifico e “sartoriale” gli interessi della propria nicchia specifica di artisti, pur non avendo (per ora) la “struttura” delle grandi collecting a cui lei si riferisce nell'articolo. Penso ad esempio alla tedesca C3S, un'alternativa alla GEMA pensata nello specifico per gli artisti Creative Commons, che è liberissima di operare in Germania e nel resto d'Europa senza essere tacciata di illegalità.

Ritengo personalmente incredibile che non sia ancora stata affrontata seriamente la questione in Italia, ad esempio convocando in audizione alla Camere anche il progetto Patamu di cui sono fondatore: rappresentiamo più di 10.000 artisti che hanno deciso di non rivolgersi alla SIAE, e crediamo che sia importante difendere e sostenere anche i diritti di questi artisti, compreso il loro diritto di scelta. Peraltro, come sistema Italia stiamo perdendo un'occasione: presentandoci come il luogo più burocratico in assoluto in Europa per le imprese creative, facciamo scappare risorse (spesso di cervelli italiani) all'estero. Con il risultato che la SIAE dovrà comunque competere con altre realtà, ma i frutti (culturali ed economici) di questa competizione andranno all'estero. È davvero questo che vuole? 

Proprio per contestare questo immobilismo, il 26 Maggio 2016, essendo scaduti i termini per il recepimento della direttiva Barnier, ci siamo autodichiarati come entità di gestione indipendente ed iniziato a fare intermediazione sul diritto d'autore dall'Italia, guardando direttamente all'Europa.

Non abbiamo al momento la pretesa di sostituirci in tutto alla SIAE ed alle sue strutture, ma riteniamo che, per alcune tipologie di artisti e di servizi, Patamu possa essere molto più efficiente della SIAE stessa. Pensiamo ad esempio alla riscossione delle royalties nei concerti dal vivo per gli artisti indipendenti, che in SIAE sono spesso penalizzati da una ripartizione non analitica per i cosiddetti “concertini”, ed in cui Patamu potrebbe essere innovativa. Un'esempio? La SIAE paga l'artista dopo 9 mesi (un'eternità), senza che sia chiaro cosa esattamente venga pagato. Noi per i LIVE paghiamo in modo analitico l'artista a poche ore dallo svolgimento del concerto. Impossibile? Per la SIAE (inspiegabilmente) sì, per Patamu no, ed è proprio questo il punto.

Non chiediamo l’abolizione della SIAE, che deve essere libera di fare il proprio lavoro, se lo fa in modo trasparente però, in un mercato libero e non distorto, in cui tutti possano dimostrare le proprie qualità (o difetti!) ed essere valutati di conseguenza. Noi di Patamu vogliamo poter rappresentare i diritti dei nostri artisti in uno spirito di sana competizione e non di ingiustificato protezionismo. 

Come lei ha detto nell'articolo, abbiamo anche lavorato dando supporto a chi, non essendo autore SIAE, ha il diritto di gestire i diritti in proprio. Ma è stata proprio la poca trasparenza della SIAE (che anche in queste situazioni spesso chiede comunque il pagamento del borderò o di non meglio specificate spese amministrative) a spingerci a diventare una società di intermediazione effettuando anche riscossione diretta. Riteniamo che il lavoro di Patamu possa portare vantaggi all'intero ecosistema, compresa la SIAE, che ha ancora molta strada da fare per diventare una realtà trasparente ed "europea".

In questo senso la invito a firmare personalmente la nostra petizione su change.org per abolire il monopolio SIAE (come peraltro aveva affermato di voler fare molto tempo addietro), e ad affrontare un dibattito pubblico serio e concreto con noi e gli altri player di settore, che farebbe molto bene al futuro della cultura ed alla creatività in Italia.
Ho infine alcune domande dirette per lei, per le quali mi aspetterei (assieme ad altre decine di migliaia di artisti) una risposta :

  • perché per disiscriversi dalla SIAE può essere ancora necessario aspettare 15 mesi, nonostante le indicazioni della direttiva Barnier? Una SIAE che dichiara ai quattro venti di essersi ammodernata non può addurre scuse tecniche per giustificare un periodo così enorme di tempo. Inoltre, perché non sono indicate chiaramente le tempistiche di disiscrizione sul sito?
  • dove è possibile sapere quanto la SIAE ottiene dai cosiddetti "concertini" non analitici che sono usati in gran parte per gli autori emergenti, e come ed a chi vengono redistribuiti quei proventi?
  • perché, nonostante il diritto demaniale (sul quale la SIAE basa la pretesa che venga compilato il borderò anche per opere non SIAE o di pubblico dominio) sia stato abolito, la SIAE chiede ed accetta ancora compensi per i concerti di musica classica?
  • perché, nonostante il diritto demaniale sia stato abolito, la SIAE chiede ed accetta ancora il pagamento dei diritti per l'esecuzione di autori non SIAE, tra cui molti autori Patamu? Non è un controsenso che la SIAE, che dichiari di rispettare i diritti di tutti e pretende di avere l'esclusiva nel rappresentare i suoi artisti, richieda il pagamento dei diritti d'autore anche per gli artisti non iscritti? Per la SIAE vale il principio secondo cui i diritti d'autore sono intoccabili e sacri solo se si tratta di artisti SIAE?
  • infine: con quali risorse la SIAE sta promuovendo e pagando le campagne (in cui si presenta come Patamu peraltro) sui social? Non sarebbe corretto per un ente pubblico esplicitare da dove provengono le risorse?

La pubblicazione di risposte chiare e semplici a queste domande sarebbe (finalmente) un gesto di vera trasparenza da parte della SIAE.


Cordialmente, Adriano Bonforti – Fondatore di Patamu.com

Letto 3914 volte Ultima modifica il Giovedì, 30 Giugno 2016 08:45
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