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Lunedì, 01 Aprile 2013 02:00

Farmaci, brevetti sempreverdi e licenze aperte In evidenza

Scritto da  Adriano Bonforti
Battaglia alla novartis Battaglia alla novartis Internet

 

Si tratta di una vittoria importante per il diritto all'uso dei farmaci generici, in cui l'organizzazione Medici Senza Frontiere ha avuto un ruolo di primo piano, portando avanti per anni una campagna contro la Novartis su questo tema. Il costo di una terapia con questo farmaco, per restare al caso del Glivec, si aggira infatti attorno ai 32.000 euro annui, pagati dallo Stato laddove il social welfare è più avanzato, e direttamente dal cittadino in molti altri Paesi, rendendo ovviamente l'utilizzo di queste cure appannaggio delle nazioni o dei cittadini più ricchi. Ora, sperando che questa bella notizia non sia un pesce d'aprile, può valere la pena andare più in profondità nel discorso.

Glivec (Gleevec negli Stati Uniti) è il nome commerciale di una molecola, Imatinib, creata attraverso la tecnica del drug design, che consiste nel creare artificialmente composti molecolari che inibiscano l'azione di una proteina necessaria per la sopravvivenza delle cellule tumorali.
L'aspetto su cui ci preme ragionare è il seguente: se è vero all'invenzione di questa molecola ha contribuito in modo significativo Nicholas Lydon, collegato alla Novartis, è anche vero che altri contributi significativi sono stati dati da scienziati di altri centri di ricerca, tra cui Brian Druker (Oregon Health and Science University), l'italiano Carlo Gambacorti-Passerini dell'Università Milano Bicocca, John Goldman dell Hammersmith Hospital di Londra ed infine Charles Sawyers del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center.
Più in generale, è ovvio che la ricerca che ha portato allo sviluppo di questo farmaco posa le fondamenta su tutta la ricerca scientifica precedente, ovvero sulle innumerevoli pubblicazioni che hanno lentamente creato il vasto territorio di conoscenze che ha permesso questa scoperta.  Ricerca portata avanti da centri sia pubblici che privati, ma in prevalenza pubblici.

Lo sviluppo delle idee in ambito scientifico segue da sempre una modalità peculiare, che potremmo definire una licenza aperta Creative Commons attribution ante litteram. Infatti una volta pubblicata una scoperta chiunque può proseguire la ricerca, a patto di citare il paper (la pubblicazione) precedente. La maggior parte delle volte la nuova ricerca porta anch'essa ad un nuovo paper, al quale a loro volta altri scienziati si ispireranno per altre scoperte. Questa modalità di condivisione share-alike (ovvero "condividi allo stesso modo", ed ecco che appare un altro concetto tipico delle licenze CC) permette, in tutti gli ambiti, alle idee di crescere, espandersi e migliorare. E non è un caso che la ricerca scientifica proceda su questi binari da secoli, binari molto lontani da quelli del copyright tradizionale, consapevole che da questa apertura e condivisione delle idee dipenda la sopravvivenza stessa del concetto di scienza. Potremmo dire che la ricerca scientifica pura abbraccia da sempre i principi del copyleft, ovvero condividere e modificare le idee di altri, nel rispetto e nel riconoscimento dei contributi degli autori precedenti.

La domanda quindi è: come è possibile che da un intero sistema di ricerca che procede con pubblicazioni e scoperte assolutamente aperte nell'ambito scientifico, si arrivi al brevetto di un farmaco, che pure su queste fondamenta "open" poggia e a queste fondamenta deve la sua esistenza?
La risposta va cercata, a mio  avviso, in considerazioni di natura economica.
Il passaggio dalla scoperta di un principio attivo in laboratorio alla produzione e sperimentazione di un farmaco nel mondo reale implica un aumento dei costi stratosferico, che i centri di ricerca pubblici raramente sono in grado di sostenere. Inoltre, la maggior parte delle volte il principio attivo non supera le fasi di test, così che i soldi investiti vanno in fumo. Solo le imprese farmaceutiche sono in grado di investire capitali elevati a rischio molto alto, cosicché, anche quando i centri pubblici hanno contribuito in modo significativo ad una scoperta, l'ultimo costisissimo chilometro che trasforma una scoperta in un farmaco viene comunque preso in mano da multinazionali come la Novartis. Che poi impone il suo copyright sulla scoperta, e protegge i propri diritti secondo un concetto distorto di "proprietà intellettuale".

Se da una parte è vero che questo meccanismo si è assestato negli anni, creando equilibri molto difficili da smuovere, probabilmente qualcosa può essere fatto. Si potrebbe, ad esempio, riequilibrare il peso tra l'ultimo chilometro (privato) e tutti i chilometri precedenti, facendo sì ad esempio che gli enti pubblici che hanno partecipato alla scoperta impongano limitazioni di prezzo al brevetto, o di tempo, o ancora di durata.

E' sempre più in uso in fatti, da parte delle case farmaceutiche, la tecnica del "brevetto sempreverde", con la quale, cambiando leggermente il principio attivo di un farmaco, si chiede e si ottiene di poterne rinnovare il brevetto, potendo continuare a venderlo in esclusiva come se fosse nuovo, e potendo dunque praticare prezzi di monopolio. Il Gleevec rientra proprio in questa categoria, essendo un farmaco di vecchia data cui la Novartis ha aggiunto un sale (inutile ai fini del funzionamento come farmaco) per poter richiedere un rinnovo del brevetto. Ed è proprio questa pratica che l'India ha dichiarato incostituzionale.

Concludendo: pur essendo la ricerca sia privata e pubblica, l'ago della bilancia pende fortemente verso il mondo della ricerca pubblica; questo è ancor più vero quando non ci si limita all'ambito della ricerca biomedica, ma si sommano tutte le discipline che hanno portato alla conoscenza scientifica attuale e che hanno permesso la scoperta del farmaco.
E' dunque giusto e doveroso che il mondo della ricerca pubblica inizi ad imporre delle condizioni di uso sui risultati delle loro ricerche, possibilmente in modo da limitare il monopolio (che a volte purtroppo si traduce in abuso) di chi approfitta in modo distorto dell'altrimenti giusto diritto alla proprietà intellettuale.

Adriano Bonforti

 

Letto 46119 volte Ultima modifica il Lunedì, 17 Marzo 2014 18:53

Video

Illuminante servizio di Leonardo sul caso dei brevetti sempreverdi che contrappone Novartis all'India [Raiscienze . Fonte Youtube]
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