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Mercoledì, 18 Luglio 2018 16:57

i Malotas "suonano bene" - Intervista a dei #Patamuartist fuori dagli schemi In evidenza

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i Malotas si definiscono come "i ragazzi che fanno passare prima gli anziani se il marciapiede è troppo stretto". Un gruppo musicale senza etichette e carico di ironia, un po' ragazzacci, un po' meteoriti, un piccolo big bang musicale che nel temp ha trovato il suo equilibrio e la sua consapevolezza e che a oggi costruisce la propria storia.

i Malotas  suonano insieme dal 2010 e amano fare musica di ogni genere: così si registrano sulla piattaforma Patamu ed iniziano ad autoprodursi sin da subito con tantissimo entusiasmo. Nell'estate 2017 il salto: l'uscita del loro secondo EP "Capesante - Semilavorati Elettroacustici".

Da sempre, il gruppo ha a cuore la questione del Copyright e delle Royalties ed è attivo #Patamuartist. Eccoci quindi a cogliere l'occasione e a rivolgere loro alcune domande.
 

Ciao ragazzi! Parlateci di voi: chi sono i Malotas, da dove viene questo nome, come vi siete conosciuti e soprattutto quando avete deciso che avreste realizzato progetti musicali insieme?

Le malote sono, nel dialetto delle nostre terre natie, in Salento, gli scarafaggi, le blatte o, per alcuni, gli scarabei stercorari, ma in qualche lingua ispanica il termine “malotas” ha anche il significato di “ragazzacce”. “Malotas” è anche il nome di un meteorite schiantatosi a Santiago Del Estero, in Argentina, il 22 giugno 1931. Stiamo ancora valutando quale di queste tre versioni scegliere per la nostra biografia ufficiale e per le interviste, nel frattempo ce ne usciamo così: “Suonava bene”.

Quel che è certo è che nasce tutto per gioco tra i banchi del liceo, intorno al 2009, quando il bassista, Gabriele, non aveva ancora il basso e il batterista, Simone, percuoteva sedie, tavoli e un vecchio piatto di batteria che era stato abbandonato nella casa di un nostro amico; poi, da lì, anni e anni di lenta evoluzione e di giornate in una casa di campagna (come i Led Zeppelin) a suonare solo per il gusto di farlo.

Vari componenti sono passati: il tastierista è diventato il nostro grafico, il primo chitarrista è volato a New York per trovare una scusa per non suonare con noi... Per fortuna l’arrivo del chitarrista Piero, intorno al 2010, ci ha portati alla line up definitiva e vincente e ci ha permesso di ripartire a velocità moderata.

Finché, nel 2014, galeotto fu un contest per aprire il concerto di Finardi a Lecce (contest non vinto per colpa dei poteri forti), partecipando al quale ci siamo resi conto che se avessimo vinto non avremmo avuto vere e proprie canzoni da suonare per aprire quel concerto. Da qui, la causa scatenante, la scintilla, che ha permesso la nascita di capolavori indiscussi e ormai riconosciuti e stimati da pubblico e critica (quasi mille views su uno dei primi singoli! Alcuni pezzi di Drupi arrivano a malapena a 200!): per prima la nostra Ernial Disco, poi Sovente e Tat Tvam Asi e così via fino alle ultime, passando da tante belle iniziative che però non vi spoileriamo così dovete venire a cercarci su Facebook.

 

i Malotas non si inquadrano in un unico genere musicale. Perché e come si descriverebbero? Come deve essere la musica che volete esprimere?

Posto che, a voler essere pignoli, nemmeno i generi musicali stessi sono facilmente inquadrabili (uno può dire rock e intendere una cosa diversa da quella che intende un altro), la nostra idea è che, essendo molto poco bravi preferiamo fare male mille cose piuttosto che farne male una ma reiterando. Per dirti, se non ti piace un nostro pezzo disco potrai dire “mmm i Malotas non mi convincono sulla disco” lasciando sottinteso il fatto che, invece, per tutto il resto ti piacciamo. è marketing anche questo.

La musica che vogliamo esprimere, quindi, è sempre un gradino sopra le nostre possibilità.

Certo, mentiremmo se dicessimo che non ci piace quello che abbiamo fatto finora, ma non possiamo neanche dire di essere soddisfatti.

Diciamo che siamo in fase Metapod (in fase baco per chi non ne sa di Pokémon). Poi, intendiamoci, può venir fuori una farfalla come può venir fuori una falena, l’importante è che sia una farfalla (o falena) ricca, ecco.

 

Che valore ha per voi l'autoproduzione e quali sono le difficoltà che può intercettare una realtà musicale come la vostra in Italia?

Sicuramente l’assenza di danaro. L’autoproduzione è il fulcro del nostro lavoro, insieme scriviamo i nostri pezzi e insieme impariamo sempre di più a produrre la nostra musica, da soli, dalla registrazione alla distribuzione. Ci piace l’indipendenza della nostra creatività, il poter mettere sul piatto della musica (che è tipo quello del disc jokey) tutto quello che vogliamo e abbiamo, anche se, in segreto, sogniamo un produttore coi miliardi che ci rinchiuda in uno studio di registrazione e ci faccia pensare solo a suonare.

Purtroppo in un mondo come quello della musica, che non viene ancora considerato un vero lavoro, è difficile farcela con le proprie forze, noi cerchiamo di fare quello che possiamo con i nostri mezzi.

Se questa storia vi ha toccato il nostro IBAN è :IT001516151...

 

Cosa significa per voi tutelare le vostre opere dal plagio?

Significa dare valore ai nostri sforzi, significa “battezzare” quelle opere come nostre, significa sentirci al sicuro dai manigoldi che si aggirano per il mondo. E’ vero che ormai ogni pezzo ha sempre gli stessi accordi, quindi ormai il plagio non esiste più, e che nessuno ruberebbe mai i nostri pezzi, però sapere che sono al sicuro sulla piattaforma Patamu, tutti insieme, in una piccola stanzetta sorvegliati dal Copyright, ci fa dormire sonni tranquilli e sereni.

Vi prego rubateci qualche brano, così potremo farvi causa e magari guadagnare qualcosa.

 

Il tema dei diritti in ambito musicale è delicato: quali sono i vostri desideri per il futuro in questo senso?

Sarebbe bello se si parlasse di più della rivoluzione che sta avvenendo nel mondo dei diritti musicali e delle realtà come Patamu che permettono, in modo semplice, di guadagnare dai propri diritti nei live, dimenticando quei borderò cartacei SIAE antichi e difficili da compilare. Sarebbe bello se si diffondesse, non solo tra i musicisti ma anche tra i gestori dei locali, questo nuovo modo di fare, comunicando al mondo che esiste una speranza per le giovani band.

Magari questo potrebbe portare alla diffusione e alla maggiore richiesta di gruppi che fanno inediti.

Sogniamo un futuro in cui le piccole band potranno guadagnare regolarmente dai live senza dover aprire una partita iva, un futuro in cui basterà un foglio o un form in internet per essere completamente in regola dopo una serata dal vivo, un futuro in cui i popoli si terranno per mano consapevoli di appartenere ad un’unica grande famiglia senza barriere di razza, sesso o religione…

Avete toccato un tasto su cui siamo troppo sensibili.

P.S. Abbiamo scritto dei jingle per Patamu che sono una bomba, per dirvi quanto ci stiamo dentro di brutto.

 

"Capesante - Semilavorati Elettroacustici" è il vostro recente EP, un titolo singolare ed interessante che apre molte finestre sulla vostra visione musicale. Volete raccontarci questo progetto?

Beh, innanzi tutto grazie, nessuno ci aveva mai dato della “visione musicale”. E nessuno ci aveva mai detto che apriamo finestre su di essa.

Ma veniamo a noi. Quello di “Capesante” è un progetto che definirei rocambolesco e resterei ancora nell’eufemismo. Si tratta più o meno della stessa dinamica del pesce primordiale, che per primo ha cominciato ad avventurarsi sulla terra ferma “anfibiandosi”, arrangiandosi con quelle poche zampette che aveva a disposizione.

E’ una raccolta di alcuni brani, in versioni Demo, registrati autonomamente e in maniera artigianale, che, speriamo, un giorno possano confluire in un album, dove potremo raccontare a cosa sono legate tutte queste storie. I generi, come detto prima, sono molteplici, e lo stile è sempre il nostro, un po’ surreale, se vogliamo, ma profondamente radicato nel reale, perché raccontiamo storie di vita vissuta, di cose che abbiamo visto intorno a noi o che sentiamo nella vita di tutti i giorni.

Alcuni lo hanno paragonato erroneamente al White Album dei Beatles ma si sbagliano: il nostro ha la copertina colorata.

 

Quale sarà la prossima opera che depositerete su Patamu?

Probabilmente la Tosca.

 

Letto 1834 volte Ultima modifica il Sabato, 21 Luglio 2018 09:14
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