Dina Madi è una compositrice di musica di origine giordana che sperimenta Chillout e Ethno house fino a spingersi al confine con la techno.
Cresciuta in diversi paesi del mondo, la produzione artistica e la ricerca di Dina è stata influenzata da diverse culture e generi musicali che vanno dalla musica araba orientale a quella popolare russa, per poi giungere nell'ultima fase del percorso nel genere lounge e techno. Il primo strumento di Dina è stato il pianoforte a 6 anni: la musica è da sempre stata presenta nella sua vita e nel 2011 Dina inizia a comporre per la prima volta. Prima al piano, poi a Cubase, giungendo così gradualmente alla musica elettronica. Un traguardo che ha consentito di combinare i suoi due amori nella vita: la musica e la danza.
Abbiamo rivolto alcune domande a Dina in occasione della sua partecipiazione al progetto "Quando non puoi tornare indietro", il film di Leonardo Cinieri. Un progetto che racconta l'altra faccia della guerra in Siria, il viaggio, la scommessa e la forza di affrontare una nuova vita, di essere cittadino del mondo. Un lavoro faticoso, durato due anni, periodo in cui Leonardo ha seguito la storia di Obaida, il giovane protagonista del film. Dina ha preso parte al progetto come attrice e ha anche offerto il suo contributo musicale, scoprendo e scoprendosi in un progetto a lei vicino.
Ciao Dina! Parlaci di te, qual è il tuo percorso musicale e la tua storia?
Ciao Ginevra! Il mio primo approccio con la musica è stato in Algeria all’età di 6 anni. Ho cominciato a studiare pianoforte. E sono andata avanti più o meno fino ai 18 anni. Poi ho fatto una lunga pausa nella quale mi cercavo musicalmente. Mi piaceva la musica ma non capivo come connettermi con lei. Suonare il pianoforte non mi andava più tanto. Poi qualche hanno fa, ho scoperto la composizione e mi sono subito appassionata. Ho sentito di essere finalmente arrivata a casa. E tra un pezzo e l’altro è nato il mio primo album, “Soul Whispers”. Sono cresciuta in vari paesi perché sono figlia di diplomatici ma le mie origini sono giordane e ho mantenuto il contatto con la Giordania in tutti questi anni andando sempre lì in vacanza per stare con i parenti e mangiare l’ottimo cibo ;)
Cosa significa per te fare musica e soprattutto cosa significa scegliere un genere musicale ben definito e con una forte identità come il tuo?
Per me fare musica è provare gioia, emozioni e connessione con il tutto. In realtà non ho scelto di proposito un genere musicale. Credo sia stato lui a scegliermi! Nonostante il mio vissuto all’estero, la mia essenza è mediorientale e fino ad ora ho sentito l’esigenza di esprimerla, tingendo quasi tutti i miei brani di un velo arabeggiante.
Quanto le tue scelte artistiche sono legate alle tue origini e quanto queste si sono lasciate contaminare dalle tue esperienze?
Il mio primo album è stato molto influenzato dalle mie origini. È stato quasi una sfida provare a fare brani che non avevano una sfumatura mediorientale ma ci sono riuscita anche se la tentazione di andare in quelle tonalità minori rimane sempre molto grande. Anche il mio vissuto in vari continenti e i miei svariati viaggi hanno di sicuro contaminato la mia musica.
Di recente hai partecipato al progetto lanciato su Indiegogo “Quando puoi tornare indietro”, un film di Leonardo Cinieri che racconta la storia di Obaida, un brillante studente in ingegneria miracolosamente giunto in Italia grazie a una borsa di studio: questa storia offre allo spettatore una prospettiva diversa sulla Siria e sulla guerra. Cosa ne pensi del progetto? E in che modo hai contribuito alla realizzazione, qual è stato il tuo apporto personale e artistico?
Si, questo progetto mi è piaciuto tanto dalla prima volta che me ne ha parlato Leonardo. Ho subito sentito che mi apparteneva, per vari motivi. Vivere da vicino la storia di Obaida, anche se molto diversa dalla mia, mi ha fatto pensare a me. Una vita tra oriente e occidente. Le cose che Obaida aveva appena vissuto o che stava per vivere immergendosi in una nuova cultura, una lingua che non conosceva, persone nuove, cibi nuovi, erano aspetti della mia vita che avevo vissuto tante volte. Obaida viene da Aleppo e anche io ho delle origini siriane tramite mia nonna materna che anche lei è di Aleppo. Poi ho conosciuto Obaida e abbiamo subito legato e siamo diventati amici nella vita, quindi il documentario rispecchiava anche questo. Ho partecipato come “attrice” per modo di dire, perché era un vissuto vero con dialoghi spontanei e non testi memorizzati e anche contribuendo con la mia musica che secondo me si addice perché ci fa di nuovo ritrovare quest’aspetto oriente/occidente che fa parte di me e che ora farà anche parte dell’identità di Obaida.
Pensi che il crowdfunding sia un buon mezzo di autofinanziamento per gli artisti, per mettersi in gioco?
Mi piace molto il fatto di vivere in questo momento storico a più livelli di cui il crowdfunding fa parte. L’idea che delle persone totalmente estranee ci possono aiutare a realizzare i nostri sogni è bellissimo. Alla fine ci nutriamo gli uni e gli altri dei sogni altrui e credo profondamente che aiutando gli altri aiutiamo noi stessi. A rischio di sembrare poetica, il crowdfunding mi fa pensare al film Avatar, perché vediamo come un momento particolare che può risultare molto difficile o insuperabile da soli diventa molto più gestibile e addirittura bello quando la rete sociale ci sostiene e sentiamo di essere una grande famiglia umana. Abbiamo appena iniziato la campagna per il documentario e sto aiutando Leonardo in questi giorni. Devo ammettere che l’inizio non è facile ma siamo fiduciosi che una volta lanciato crescerà come una palla di neve.
Che effetto ti fa vedere la tua musica coinvolta in un progetto cinematografico?
Mi piace molto il fatto che ogni elemento faccia vivere l’altro. Le scene danno vita alla musica e la musica dà vita alle scene improntandole con una dimensione particolare. Sarà molto emozionante quando vedrò il documentario finito. E poi quando si tratta di un progetto al quale credi particolarmente è ancora più bello.