Il 2 Ottobre si è tenuto presso la Camera dei Deputati l'incontro su AgCom, SIAE e diritto d'autore, al quale sono stato invitato per parlare della SIAE e del suo ruolo nella tutela degli autori. Riporto qui sia la traccia scritta che la traccia audio dell'intervento.
Consiglio, per chi fosse interessato al tema, sia la lettura del testo che ascolto dell'audio, poiché questi differiscono sensibilmente.
Sono a disposizione per critiche, commenti e domande su
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o su twitter @adribonf
Qui trovate invece la pagina con l'audio integrale dell'evento, interessantissimo da ascoltare, con i nomi dei relatori ed i temi affrontati.
Gli interventi sono in tracce separate, quindi potrete agevolmente ascoltare quello che più vi interessa.
http://www.radioradicale.it/scheda/391630/diritto-dautore-tra-il-vecchio-e-il-nuovo
Detto questo, buona lettura.
La SIAE tutela davvero gli autori?
Una premessa: qui parleremo principalmente di musicisti, che sono di gran lunga la quota numericamente più ampia degli iscritti SIAE. Molti dei discorsi fatti possono tuttavia essere generalizzati a tutti gli iscritti.
Uno degli scopi principali della SIAE dovrebbe essere la tutela degli autori iscritti essenzialmente attraverso due meccanismi: la prova di paternità, che permette ad un autore di tutelarsi dal plagio, e la riscossione dei diritti d'autore (o royalties) per ogni utilizzo dell'opera, con successiva redistribuzione all'autore interessato.
Mentre per produrre una prova di paternità legalmente valida esistono molti modi, al contrario per quanto riguarda l'intermediazione nella riscossione delle royalties la SIAE si trova attualmente in posizione di monopolio (limitatamente al territorio italiano), e non possono esistere altri enti con sede in Italia che effettuino la stesso servizio.
Per questo motivo, ancora oggi l'iscrizione alla SIAE viene percepita da molti come l'unico metodo possibile per riscuotere le royalties (anche se questo non è più necessariamente vero, come vedremo). Addirittura sono molti gli autori (soprattutto giovani) che, pur sapendo che non riscuoteranno un ricavo significativo dai propri diritti d'autore, si iscrivono alla SIAE solo ed esclusivamente per tutelarsi dal plagio, perché è passata negli anni l'erronea concezione che questo sia l'unico modo legalmente riconosciuto in Italia per produrre una prova di paternità delle proprie opere (cosa, come già detto, non vera: ad esempio per tutelarsi dal plagio c'è anche Patamu, o altre realtà simili).
Purtroppo rendere la SIAE mandataria di un’opera di ingegno finisce per vincolare l’autore stesso nell’utilizzo, nella scelta delle modalità di diffusione e di fruizione da parte di terzi della propria opera, poiché questi non può più decidere autonomamente in quali contesti consentire o meno l’utilizzo della propria opera, ed a quali condizioni economiche. Un esempio: perché un autore, ancora oggi, non è libero di dichiarare che per una certa esecuzione, ad esempio di beneficenze, non vuole riscuotere le royalties? Questa rigida gestione del diritto d’autore inibisce di fatto l’utilizzo dell’opera con le modalità di diffusione, condivisione e creazione partecipativa offerte dal web 2.0 o il suo inserimento all’interno di progetti creativi più ampi.
Spesso inoltre, all’introduzione di questi vincoli non corrisponde un ritorno economico che li giustifichi: circa il 60% dei circa 90.000 iscritti alla SIAE non trae in realtà alcun vantaggio dalla propria iscrizione, non arrivando a recuperare attraverso i diritti d'autore neanche il corrispettivo delle quote di iscrizione (intervista all'ex Presidente SIAE Giorgio Assumma, http://www.altroconsumo.it/vita-privata-famiglia/nc/news/intervista-a-giorgio-assumma-presidente-della-siae).
Il dato è del 2009, per cui la percentuale degli iscritti che non maturano diritti sufficienti neanche a ripagare le spese di iscrizione annuale potrebbe essere ulteriormente salita a seguito del recente rialzo (che è quasi un raddoppio) delle quote di iscrizione, che sono arrivate per gli autori a circa 280 euro per il primo anno e 150 euro per gli anni successivi.
Il ricavo ottenuto dalla SIAE dai contributi di questi autori "sotto soglia" non si ferma alle quote annuali (che peraltro portano alla SIAE un gettito minimo di 10 milioni di euro annui, effettuando il calcolo per difetto). Infatti il fatto che un autore non maturi royalties non implica necessariamente che la propria opera non circoli, ma semplicemente che non circola nei circuiti in cui si maturano le royalties. Detto in altre parole: gli autori sotto soglia portano un gettito alla SIAE sia con la loro iscrizione, sia con le royalties che la SIAE fa pagare ai circuiti (live, online o media) in cui questi autori passano, ma che non fanno parte del meccanismo di rendicontazione ed i cui ricavi sono quindi a disposizione di SIAE per essere ripartiti tra gli autori dei circuiti principali od essere usati in altro modo.
Per fare solo un esempio tra i molti possibili, per qualsiasi passaggio radio, in qualsiasi radio, si paga la SIAE, ma poi la ripartizione dei proventi di tutte le radio viene effettuata monitorando solo il passaggio di poche radio principali. Detto in altre parole, i diritti d'autore si pagano per l'esecuzione di molti, ma poi si redistribuiscono solo tra pochi. O se si redistribuiscono tra tutti, ciò non viene fatto equamente, e può succedere paradossalmente che i pochi famosi dei circuiti principali alla fine riscuotano più di quanto davvero gli spetta.
Questo ed altri meccanismi simili creano una dinamica chiamata in ambito scientifico "rich gets richer", in cui si ha una progressiva polarizzazione tra chi ricava molto e chi non ricava nulla, spesso in maniera più marcata rispetto agli effettivi meriti individuali.
Di recente abbiamo assistito ad un'ulteriore esasperazione di questo meccanismo durante l'elezione del Consiglio di Sorveglianza SIAE: gli autori (i pochi che si sono potuti recare a Roma, per la verità: meno di un centesimo degli iscritti) si sono visti attribuire, oltre al potere di voto come iscritti, un "potere di voto aggiuntivo" per ogni euro percepito in diritto d'autore. Ovvero: se io ho ottenuto un milione di euro in diritto d'autore, il mio voto vale 1.000.001 voti.
Questo meccanismo ha generato un'evidente disparità tra soci ed ha portato molte poche persone a poter avere il peso per decidere a nome di molti.
Dunque, possiamo ancora dire oggi che la SIAE tutela gli autori?
Il mio pensiero personale, che è anche il motivo per cui porto avanti il progetto alternativo Patamu.com, è che la SIAE ad oggi faccia l'interesse di troppi pochi autori, trascurandone molti e a volte informandoli anche male. Non posso parlare estesamente in questa sede del recente dibattito sul borderò SIAE, per il quale rimando al post originario sul nostro blog ed ai post che si sono susseguiti.
Basti dire però che sul sito stesso della SIAE compaiono ad oggi informazioni errate, che fanno riferimento ad una norma (il diritto demaniale) abolita più di 15 anni fa, e che impongono (erronamente) la compilazione del programma musicale anche per musiche non SIAE o per opere di pubblico dominio.
A dire il vero esiste una circolare interna del 2007 della stessa SIAE che chiarisce (almeno in parte) la questione, ma appunto questa circolare purtroppo non viene presa in considerazione neanche dallo stesso sito ufficiale.
Se la SIAE non tutela tutti i suoi autori come dovrebbe, cosa si può fare?
Come prima cosa un autore deve rendersi conto delle sue necessità: se il suo scopo principale è la tutela dal plagio, la SIAE non serve.
Se invece si decide che la riscossione delle royalties è una necessità imprescindibile, allora ci sono altre strade. Per chiarire questo punto riportiamo quanto scritto dall'Avv. Giovanni Maria Riccio nel Blog di Tropico del Libro:
"Innanzi tutto, l’iscrizione alla SIAE non è obbligatoria per legge. In teoria, ogni artista potrebbe gestire autonomamente i propri diritti d’autore, senza dover ricorrere ad un ente. Il comma 4 dell’art. 180 della Legge sul diritto d’autore prevede, infatti, che il monopolio riconosciuto in capo alla SIAE «non pregiudica la facoltà spettante all’autore, ai suoi successori o agli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti da questa legge».
In secondo luogo, un artista non è obbligato ad iscriversi alla SIAE, essendo libero di iscriversi anche ad una collecting society straniera. Difatti, l’iscrizione non è legata ad un criterio fondato sulla nazionalità dell’artista (ad esempio, gli artisti spagnoli non devono associarsi necessariamente alla società di gestione collettiva spagnola), ma ogni artista può chiedere di associarsi ad una delle tante collecting societies europee.
Peraltro, ogni società ha il diritto di raccogliere i diritti d’autore non solo sul proprio territorio nazionale, ma, se vuole, anche all’estero, come stabilito dalla Commissione europea nella decisione CISAC."
Questo è quanto si può fare ad oggi, in attesa che venga abolito questo monopolio secolare.
Magari dando alla SIAE un altro ruolo che valorizzi la sua capillarità territoriale e che le dia un ruolo di coordinazione di piccole società di intermediazione più snelle. Facendo qualcosa di buono favore a tutti gli autori e forse della stessa SIAE. La SIAE potrebbe ad esempio diventare il referente principale per capire a quale collecting è iscritto un autore. Questa collecting potrebbe essere la SIAE stessa, nel qual caso questa continuerebbe internamente l'iter per la riscossione dei proventi, o potrebbe essere un'altra collecting, nel qual caso l'iter continuerebbe con quest'ultima.
D'altra parte, si tratta solo di richiedere che venga applicato in Italia quanto la SIAE fa già a livello globale, stringendo accordi con altri operatori per agire per conto loro sul settore italiano o meno, ed essendo comunque sempre aggiornata su quale autore appartiene a quale collecting.
D'altra parte, ciò è successo nel mondo della telefonia (rete telefonica telecom "affittata" ad altri operatori), nel mondo dei trasporti (Trenitalia - NTV), sempre a vantaggio dei consumatori. Perché dunque non valorizzare l'infrastruttura territoriale, il patrimonio di conoscenza sul tema e la capacità di gestire un database enorme degli autori, mettendola a disposizione di un mercato aperto?
Concludo con alcune considerazioni, aggiornate ad oggi 4 ottobre, che è il momento in cui pubblico il post.
Recentemente l'architetto Stefano Boeri ha lanciato l'iniziativa "più musica live" per chiedere una deburocratizzazione dei concerti live sotto la soglia dei 200 spettatori. Questa iniziativa è stata raccolta dal Ministro Massimo Bray ed inserita nel Decreto Cultura, che è stato finalmente approvato ieri giovedi 3 ottobre, diventando legge. Ora fare cultura dal vivo è più facile, ed è importante tenere viva l'attenzione sul tema e proporre presto nuove iniziative in questo senso.
Nel preparare questo intervento mi sono reso conto di quanto sia difficile reperire dati numerici aggiornati riguardanti la SIAE. In particolare sarebbe molto importante, per questioni di trasparenza, che fosse possibile accedere a dei dati su meccanismi di pagamento, di ripartizione proventi, e quant'altro, per poter valutare oggettivamente quanto la SIAE sia effettivamente al servizio della collettività degli autori (e dei consumatori) e se non vi sia invece il rischio che resti al servizio di pochi. Sarebbe auspicabile che la SIAE cambiasse atteggiamento, ed iniziasse a dialogare con chi la critica con argomenti e richieste valide.
E' significativo in questo senso il totale silenzio della SIAE sulla questione del borderò, bollata come bufala ma che pone al contrario interrogativi serissimi sulla validità delle richieste della SIAE e sulle modalità di azione della stessa, che continua ad esporre informazioni fuorvianti sul proprio sito, danneggiando la propria stessa immagine e il proprio patrimonio di credibilità.
Riprendendo una frase pronunciata il 2 ottobre in Parlamento per altri temi, "solo chi ha un'identita' debole teme il confronto con le ragioni altrui", e se la SIAE vuole davvero restare al servizio degli autori e della cultura, allora non ha nulla da temere da un confronto serio; semmai ha da guadagnare. Arroccarsi in un monopolio fuori dal tempo, e rispondere con assordanti silenzi a qualunque richiesta di chiarimento, è dannoso prima di tutto per la SIAE.
Adriano Bonforti