Cosa è rimasto oggi del più grande movimento di protesta giovanile? Amore libero, partecipazione, impegno politico, beat generation, suoni psichedelici, diritti delle donne, hippie, movimenti operai, lotta di classe e figli dei fiori. Ancora oggi il dibattito sugli effetti dell’ondata di contestazioni che scosse il mondo e l’opinione pubblica non è ancora chiuso.
Cominciano ad affiorare in giro per il mondo interessanti retrospettive, convegni, mostre fotografiche e speciali televisivi dedicati agli anni dei capelloni e fricchettoni rivoluzionari. Immagini che sembrano ormai lontane, non solo per l’estetica ma anche per il contesto sociale e internazionale che oggi appare molto meno orientato alla speranza e all’ottimismo.
Lasciamo però da parte le riflessioni sociologiche e allontaniamoci da questi temi che sono col tempo diventati i cliché sul 1968. Parliamo piuttosto degli sconvolgimenti che conseguentemente riguardarono l’arte, e in particolare la musica. Di sicuro possiamo affermare che il tema dell’impegno politico e sociale ebbe grande spazio fra gli artisti.
La contestazione trovò nella musica il suo canale più incisivo. Insieme alla beat generation che raccontava il proprio malessere sociale, il rock and roll interpretò il senso di inquietudine, di protesta e di ribellione.
“Blowin' in the Wind” di Bob Dylan è il manifesto musicale di quei venti di cambiamento. Il premio Nobel per la Letteratura del 2016 è stato assegnato proprio al cantautore americano, nome d’arte di Robert Allen Zimmerman (Duluth, 24 maggio 1941), con la motivazione di aver creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana. Simbolo indiscusso dell’impegno per tutta una generazione di sessantottini e riconosciuto anche come scrittore e poeta, Dylan è senza dubbio una delle più importanti figure legate al movimento, e non ha mai interrotto la sua attività.
Ma la storia della musica rock di quel periodo è stata scritta insieme a tanti altri grandi nomi. Solo per citarne alcuni elenchiamo qui Rolling Stones, Jimi Hendrix, Beatles, Joan Baetz, Led Zeppelin, Deep Purple, The Who, The Byrds, Janis Joplin e Joe Cocker.
E in Italia? Quali furono i gruppi ed i musicisti che meglio rappresentarono il movimento? Anche la musica italiana fu influenzata dal suond del movimento, con numerosi esponenti beat che restarono in scena fino alla fine degli sessanta: Camaleonti, Dik Dik, Equipe 84, New Dada, Giganti, New Trolls, Nomadi, Le Orme. Figlio di questo influsso fu poi il genere progressive. Il Prog Rock italiano, collegato a gruppi stranieri come Genesis e King Crimson, vanta infatti esempi eclatanti: Premiata Forneria Marconi (PFM), Area e Banco del Mutuo Soccorso. Tornando invece alla dimensione più cantautorale, e solo per ricordare i nomi più legati al ’68, non possiamo dimenticare Fabrizio De André, Francesco Guccini, Lucio Battisti, Luigi Tenco, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, I Nomadi, Patty Pravo e Lucio Dalla.