Ripubblichiamo volentieri una breve nota di Stefano Boeri in merito alla sua campagna di raccolta firme per fare una nuova legge sulla musica dal vivo in Italia, che ci sembra una questione cruciale per un serio rilancio della politica culturale in Italia.
Oggi (il 1° Agosto ndr) a Roma il Presidente della commissione cultura del Senato Andrea Marcucci ha presentato, insieme ad un gruppo di senatori della commissione, un emendamento al decreto del Fare che il Governo discuterà nei prossimi giorni al Senato, che recepisce la nostra petizione per l’autocertificazione per i locali che fanno musica dal vivo al di sotto del tetto dei 200 spettatori.
E’un primo importante successo.
Adesso auguriamoci che l’emendamento venga accettato e inserito nel decreto.
Ma la cosa più importante è che non solo il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, ma anche un folto gruppo di senatori e deputati – e in primis Roberto Rampi e Francesca Bonomo che hanno dato grande impulso a questa proposta e hanno preparato gli emendamenti- stanno impegnandosi a fondo per la musica dal vivo.
Per una legge che, a costo zero per lo Stato, moltiplicherebbe i luoghi -e il lavoro- per chi la musica la fa, la ospita, la produce e la distribuisce.
Avanti così!
1. Intervento di Vittorio Nocenzi all'assemblea dei soci SIAE.
Vi proponiamo, come primo link, il video del duro intervento di Vittorio Nocenzi, fondatore della storica band "Banco del Mutuo Soccorso", all'assemblea dei soci SIAE il 1 Marzo 2013 in cui denuncia senza giri di parole lo stato attuale dell'ente, tra lobbying selvaggia dei poteri forti, scarsa attenzione alla promozione della creatività e nessuna difesa, quando non aperto contrasto, degli interessi dei piccoli soci. E' la prima volta che accuse del genere vengono da un artista così di primo piano e ci pare sia assolutamente cruciale condividere!
2. Nuova sars, la guerra dei brevetti rallenta la ricerca
Un articolo di Repubblica.it che sottolinea il conflitto fra interessi commerciali dietro alle guerre dei brevetti in campo medico e l'interesse pubblico di trovare cure e fare ricerca per la sanità di tutti.
3. Why I no longer give away my music
Interessante e controverso articoletto. Rimane da capire se più che mettere in crisi la validità delle licenze aperte e del libero accesso, piuttosto non dimostri l'impellenza di agire in maniera ancora più netta per contrastare le condizioni della sovrapposizione ideologica fra ciò che non ha "costo" e ciò che non ha "valore" di cui si parla nell'articolo, risultato della cultura della merce dall'attuale sistema produttivo e distributivo.
4. i film in creative commons, la nuova frontiera per i registi emergenti
Articolo del Corriere su come le licenze aperte possano fare la fortuna di un giovane cineasta di talento con una buona opera prima, facilitando la distribuzione del suo film a livello internazionale.
5. Abolito copyright fondi pubblici
Una notizia recentissima, pubblicata da Simone Aliprandi sul suo blog, sulla decisione di liberare nel pubblico dominio quei contenuti prodotti con finanziamenti pubblici prevalenti.
6. I pirati tengono in vita la televisione
Una piccola nota di speranza viene dal partito pirata greco, che contro la chiusura del canale tv pubblico, sta cercando di mantenerla in vita sul web.
Inauguriamo oggi una rubrica "a-periodica" e intermittente di questo blog, in cui segnaliamo i migliori contributi online sui temi a noi cari: copyright, licenze aperte, commons e accesso libero alla cultura. Buona lettura!
1. The future of Creative Commons
Quale è il futuro delle licenze Creative Commons? Per rispondere a questa domanda l'organizzazione "Creative Commons" ha pubblicato un report che indica scopi e mete delle licenze CC nei prossimi 3 anni. Molto utile a capire secondo quali direttive si svilupperanno le licenze.
2. Diritto d'autore online, prove tecniche di dialogo.
Un interessante articolo di Guido Scorza sull'appena concluso tavolo di confronto organizzato da AGCOM ed equivalenti organismi stranieri per fare un punto sulla necessità di una riforma della legge in materia di Copyright alla luce della rete. Un incontro per molti versi cruciale che segue di pochi mesi la chiusura - per usare le parole di Scorza - "di una commissione di inchiesta che avrebbe dovuto studiare il fenomeno della pirateria online e che si è invece limitata, come racconta la sua relazione finale, a fare un collage, peraltro approssimativo di numeri e cifre assai poco indipendenti e di tesi e posizioni parziali e partigiane."
3. Marimekko print copied from ukranian folk artist
Articolo sullo scandalo che ha colpito la più importante casa tessile finlandese, famosa soprattutto per i suoi "patterns" colorati stampati sui tessuti. In particolare in oggetto c'è l'appropriazione da parte di Kristina Isola, artista di punta della società finlandese di un motivo presente in un quadro dell'artista ucraina Maria Primachenko. Scandalo reso più grave dal fatto che il suddetto pattern è stato già stampato, come elemento decorativo/pubblicità sulla coda di un certo numero di aerei della compagnia Finnair.
4. Una modesta proposta di modifica della siae
Interessante articolo sui possibili futuri di una SIAE che accetti di superare il suo ruolo attuale e trasformarsi in qualcos'altro, scritto in modo chiaro e conciso dal "nostro" Giovanni Maria Riccio per la sua rubrica sul Sole 24 Ore.
5. Social lending quando il finanziamento si chiede alla rete.
Un articolo di Mia Ceran del Corriere.it su Patamu e Smartika, con qualche piccola imprecisione ma nel complesso corretto e in grado di esprimere molto bene tutti i concetti generali, in cui si parla del recente premio vinto da Patamu (con il quale abbiamo coperto una parte dei costi di rinnovo del sito e di sviluppo di nuovi servizi) e della lunga e complessa avventura che ne è seguita (e che non è ancora terminata!) per anticipare i fondi. Avventura sbloccata grazie alla piattaforma di social lending Smartika.
Come me e molti altri milioni di bambini in tutto il mondo (o quasi), Kristian von Bengtson e Peter Madsen hanno sognato di fare l’astronauta. Come a me e ai molti altri bambini coinvolti nel mio stesso sogno, a un certo punto però qualcuno ha detto, cercando di usare un certo tatto, che l’astronauta non è davvero un lavoro che fanno le persone comuni e così entrambi hanno considerato opportuno ripiegare su professioni più normali come l’architetto aerospaziale e l’inventore.
Il primo dei due si è dedicato a disegnare gli alloggiamenti delle capsule spaziali ed è stato parte del team tecnico per diverse missioni NASA negli Stati Uniti, il secondo, dopo aver fatto l’artista, tra le molte cose ha progettato e costruito diversi sottomarini “fatti in casa”.
Qualche anno fa, inaspettatamente per entrambi, i due bambini che volevano fare gli astronauti si sono incontrati e hanno deciso di tornare al loro sogno originale e di mettere in piedi la prima missione spaziale amatoriale e autofinanziata, la Copenhagen Suborbitals.
Perché mai, vi chiederete voi miei piccoli lettori, stiamo parlando di una sconclusionata missione spaziale in un blog che si occupa di open access e cultura libera?
Perché il progetto, sviluppato in ormai cinque anni di esperimenti, lanci test (il prossimo previsto per il 22-23 giugno 2013) e un numero sempre crecente di collaboratori, è imperniato su alcuni concetti, portati avanti con grande chiarezza, che mi sembrano emblematici di molte delle cose in cui credo:
1. Semplicità disarmante: il livello di complessità delle missioni aerospaziali governative significa, per la scala a cui possono e vogliono lavorare alla Copenhagen Suborbitals, moltiplicare esponenzialmente il rischio di un malfunzionamento, quindi la semplicità del progetto è la chiave di volta.
2. Economicità e reperibilità: I materiali devono essere economici, di facile reperimento e assolutamente ordinari, nonchè in gran parte riciclabili nelle varie fasi della missione, stesso criterio per gli strumenti impiegati nella realizzazione.
3. Condivisione e riproducibilità: Il pregetto deve essere, nelle intenzioni dei due fondatori, ripetibile “virtualmente” da chiunque. Ogni aspetto, dai prospetti tecnici, agli schizzi preparatori, ai materiali per la comunicazione sul sito ufficiale, deve essere no profit e open source.
Come recita la loro mission:
“Il progetto è sia open source che no-profit al fine di ispirare più persone possibile, così da coinvolgere partner di rilievo e le loro competenze.
Il nostro obiettivo è mostrare al mondo che il volo spaziale umano può essere diverso dai soliti costosissimi progetti degli enti controllati dai governo.” *
Sotto lo stemma del progetto, che ricorda più un sigillo regale che il logo di un ente spaziale, si legge in un maccheronico latino, a suggello delle intenzioni: “Non Lucror - Esposita Scientia”.
Questo estrema scommessa, specialmente stando ancora in piedi, più forte ancora dopo diversi anni, a mio avviso prova un punto e lo fa senza polemica. Che le competenze incredibili necessarie alla realizzazione di un’impresa del genere, solitamente immobilizzate dentro strutture con budget mastodontici, possono e devono essere il più possibile rimesse in gioco, a disposizione di quei progetti "open" che si pongono come unico obiettivo l’accrescimento della conoscenza per tutti, al di la della realizzazione di un utile o di una ricaduta militare, economica o politica. Non ci sono strutture istituzionali a investire milioni in Copenhagen Suborbitals, che al contrario è un incontro metafisico tra una ciclofficina popolare e un cenacolo di esperti di ingegneria aerospaziale. Al contrario di quello che accade dentro i corrispondenti enti a fini di lucro, dove i brevetti tecnologici servono all’industria per giustificare investimenti milionari facendo di segretezza e divisione compartimentata delle competenze pilastri del modus operandi, qui l’entusiasmo e l’assoluta assenza di vincoli di proprietà intellettuale, hanno invece mobilitato numerosi professionisti, così come semplici appassionati, ansiosi di dare il loro contributo, ciascuno nel proprio campo ma pronti ad imparare e sperimentarne altri, mettendo in comune le proprie competenze gratuitamente al servizio della causa.
Che in ultima analisi significa regalare la tecnologia aerospaziale (per ora almeno quel pezzetto che riguarda fugaci viaggi di un passeggero solo in veicoli con triettoria suborbitale) in scatola di montaggio all’umanità intera. E questo non mi pare per nulla poco.
* traduzione approssimativa di chi scrive, l’orginale è:
The project is both open source and non-profit in order to inspire as many people as possible, and to envolve relevant partners and their expertise.
We aim to show the world that human space flight can be different from the usual expensive and government controlled project.
La partecipazione dei cittadini all’attività parlamentare e alle decisioni in materia di legge ha guadagnato una sempre crescente centralità nel dibattito politico quotidiano. In quest’ottica, un primo segnale significativo per alterare il modo in cui cittadini e politica si relazioneranno nel futuro prossimo arriva dalla Finlandia, dove una recentissima modifica costituzionale ha introdotto con una certa autorevolezza una solida legge di iniziativa popolare. Il passo avanti rispetto ad analoghi istituti presenti in altri paesi (tra i quali l’Italia, dove però leggi di questo genere si scontrano con difficoltà spesso insormontabili per essere messe in agenda) è l’obbligo per il parlamento di votare la proposta, verificatane la conformità ed eventualmente fatti gli adattamenti del caso.
Ciò che colpisce qui è non tanto l’apertura legislativa in sé, (che pure sembra impensabile altrove) quanto la ricerca da parte della “società civile” di strumenti efficaci e trasparenti per implementare praticamente il portato potenziale della legge, facendo sì che politica e cittadinanza cooperino fruttuosamente, ciascuno nella sua sfera, senza conflitti o delegittimazioni.
Per venire incontro alle difficoltà oggettive derivanti dalla scrittura di una proposta di legge, infatti, è stato creato Open Ministry, organizzazione no-profit la cui missione è sviluppare, usando tecniche di crowd-sourcing, i progetti di legge proposti dai cittadini. L’idea, sviluppata da Joonas Pekkanen, in sostanza si fa carico di formalizzare la legge insieme ai gruppi proponenti e un team di avvocati (il tutto gratuitamente) e di fornire la piattaforma online per la raccolta delle firme.
Quello che sorprende, dall’ottica italiana, è la competenza con cui i cittadini hanno fatto uso di questo istituto che vanta già un certo numero di proposte in studio. Solo per dare un’idea del tenore dell’iniziativa cito le prime tre leggi nate grazie alla piattaforma e che con ogni probabilità vedranno il parlamento molto presto: l’estensione del matrimonio ai cittadini omosessuali, la riforma della legge sul copyright, (presentata da common sense in copyright su un modello che preme molto sul rispetto del fair use e sulla depenalizzazione dello scambio peer to peer) e l’estinzione graduale degli allevamenti di animali da pelliccia.
La legge di iniziativa popolare diventa in questo modo un efficace sistema di integrazione di pratiche di democrazia diretta e rappresentativa, dimostrando come quest’ultima sappia interpretare positivamente le istanze di partecipazione della cittadinanza, evitando le sclerosi partitiche che caratterizzano la politica italiana e come quella, all’interno di un adeguato tracciato di strumenti giuridici moderni, possa rispondere con maturità e intelligenza alle sfide poste dalle nuove forme di democrazia.