Abbiamo già accennato in precedenza al concetto di
Net Neutrality, senza però mai addentrarci troppo nella questione. Ora sembra essere il momento giusto per un post dedicato a parlarne più nel dettaglio. Purtroppo però, l'ampiezza del tema e la complessità della materia non consentono di parlarne brevemente senza essere necessariamente un po' vaghi o imprecisi. Cercheremo di fare uno sforzo nel raccontare qui, nel modo più chiaro e conciso possibile perché questa sia una questione fondamentale che in realtà riguarda il
futuro stesso di internet, perché ci siano posizioni in lotta fra loro e che cosa sia in ballo in questa lotta.
Net Neutrality, termine coniato per la prima volta da Tim Wu, professore in legge della Columbia University, è il concetto secondo il quale tutto il traffico su internet deve essere soggetto allo stesso trattamento per tutti, senza priorità né filtri. In altre parole, non deve essere possibile, secondo questo principio, ai così detti internet service provider (ISP) porre discriminazioni per limitare parzialmente o totalmente l'accesso a determinati contenuti per alcuni utenti.
Il modello che vede internet come una linea retta con da una parte da utenti e dall'altra contenuti, nel cui mezzo si frappone un ISP, purtroppo semplifica troppo la realtà e non aiuta a capire fino in fondo. Una strategia efficace può essere quella di immaginare internet, non come una linea retta, ma piuttosto come un ganglio di molte reti locali interconnesse. Semplificando un po', la parte “esterna” di questo ganglio è rappresentata dal così detto “
ultimo miglio” (last mile) che collega gli utenti ad una determinata zona “periferica” della rete tramite un intermediario, l'ISP che funge da casello autostradale; una seconda parte, diciamo interna, è costituita dall'
interconnessione (interconnection) tra gli ISP e una serie di altri soggetti, come provider regionali e globali (transit providers) che mettono in comunicazione le diverse sotto-reti fra loro, rendendole accessibili globalmente e in ultimo dai content providers (CP) ovvero tutti quei soggetti che offrono i loro contenuti in rete.
La Net Neutrality è quindi il principio che garantisce che i dati circolanti in tutti i meandri di questo dedalo di reti non vengano filtrati, gerarchizzati o rallentati, nell'interesse di tutti. Il problema riguarda il fatto che progressivamente con il tempo, le pretese di guadagno di chi offre l'ultimo miglio, o garantisce l'interconnessione sono aumentate considerevolmente, al punto di proporre l'adozione di reti a diversa velocità.
Quando si parla di velocità e tariffe internet, per l'utente si parla sempre dell'ultimo miglio, ma è evidente che la velocità e l'accessibilità dei diversi contenuti in rete, dipende anche da come avvenga l'interconnessione a monte. In assenza di una forza legale che garantisca la neutralità delle rete, un determinato soggetto in questo ganglio potrebbe ad esempio decidere di rallentare volontariamente i contenuti in arrivo da un determinato CP verso un determinato sottoinsieme locale, ad esempio con una sorta di velato ricatto commerciale.
Qualcosa di molto simile, ad esempio, è appena successo negli Stati Uniti a Netflix, messo recentemente all'angolo da due dei più importanti ISP americani, Comcast e Verizon. In entrambi i casi, le società si sono dette impossibilitate a offrire la banda necessaria a una buona fruizione del servizio di streaming per i loro clienti, ufficialmente a causa del troppo elevato numero di richieste; fino a quando Netflix non ha accettato di firmare un contratto di fornitura specifico, prima con l'una e poi con l'altra società (che di fatto rappresentano molte migliaia di clienti insoddisfatti), l'accesso al servizio di video on demand per molti utenti è stato compromesso da una qualità troppo bassa. E' ovviamente controverso capire che tipo di accordi, per la maggior parte non pubblici, esistano tra i fornitori di contenuti e gli altri soggetti. In molti casi esiste almeno il legittimo sospetto che l'accessibilità o la rapidità dell'accesso siano degradate surrettiziamente al fine di ottenere vantaggi economici.
Negli
Stati Uniti la questione è ancora aperta e nonostante il presidente Obama si sia schierato apertamente a favore della Net Neutrality, auspicando che l'autority per le comunicazioni (
FCC) imponga a tutti il suo rispetto, la battaglia è appena cominciata. Il 26 Febbraio l'FFC
voterà un nuovo regolamento e alcune indiscrezioni lascerebbero sperare per il meglio, ma resta da capire se il regolamento abbracci effettivamente le tutele più radicali della NN e, in questo caso, se gli ISP accetteranno di buon grado la decisione dell'autority. Verizon ha già fatto sapere che non intende cedere sulla questione e che l'autority non avrebbe voce in capitolo sull'interconnessione.
Qui in
Europa, nonostante ci si dica assolutamente a favore della neutralità, gli interessi economici in gioco sono notevoli ed è molto importante non abbassare la guardia, visto che a tutt'oggi, la neutralità della rete resta solo un principio teorico, spesso
smentito dalla pratica. Se l'idea di pagare la priorità sui contenuti dovesse diventare la norma, questo significherebbe non solo un indebolimento della rete come strumento commerciale democratico, a tutto sfavore di piccoli operatori, ma lascerebbe di fatto in mano a soggetti privati e con corposi interessi da difendere, un arbitrio enorme nei criteri con cui applicare filtro e selezione, che facilmente potrebbe sconfinare in forme di censura.