Negli ultimi mesi si è parlato molto di Blockchain. A dire il vero, sulla stampa internazionale, ha soprattutto trovato spazio una delle sue applicazioni, in quanto tecnologia costitutiva della criptovaluta Bitcoin. La “moneta” in questione innesca accesi dibattiti fra gli economisti sulla redditività degli investimenti, la sicurezza digitale e il rischio speculazioni finanziarie.
C'è fermento in città. E questo ci fa piacere. Si inizia a capire da più parti, finalmente, che non esiste solo la musica depositata in SIAE. Che si possono trovare alternative, ad esempio eseguendo e diffondendo musica in Creative Commons (CC), accordandosi per il suo utilizzo (qualora non fosse previsto dalla licenza) solo con l'autore od eventualmente con collecting societies estere, certamente più lungimiranti della SIAE, poiché permettono l'utilizzo delle licenze CC.
Bene, benissimo, ma allora diventa vitale riuscire a capire quali opere sono effettivamente depositate in SIAE e quali no. In una collecting society che si rispetti, affidabile e seria, la risposta dovrebbe essere: "tranquilli tutti, abbiamo un database, aperto, costantemente aggiornato quindi affidabile, ed accessibile a tutti, dal quale si evince quali opere sono sotto la nostra protezione, e solo su queste opere noi verremo a rompere le scatole".
Ed infatti la SIAE ha messo a disposizione di tutti, dal lontano 2008, l'Archivio delle Opere Musicali SIAE: "aggiornato continuamente, contiene informazioni relative alle opere musicali amministrate dalla SIAE, comprese le opere straniere amministrate in Italia dalla SIAE" (parole loro).
Come? La SIAE fa una volta tanto quello che uno si aspetterebbe da lei? Il mondo sta finalmente cambiando? Una nuova era ci attende? Invece no: come al solito (da pronunciarsi pur-tròp-po) non è così. Leggere per credere...(clicca su leggi tutto).